Il presente progetto vuole rispondere a un’esigenza di formazione-informazione, a supporto e sviluppo del lavoro di rete tra i volontari che a diverso titolo operano sul territorio regionale nell’ambito dell’inclusione sociale, attivando strategie di prevenzione e contrasto al bullismo omofobico e favorendo una diffusione della cultura delle differenze.

L’iniziativa mira a realizzare una proposta formativa unitaria per educatori, attivisti e volontari  che operano in contesti scolastici ed educativi, attivando specifici interventi volti alla prevenzione dell’omofobia, rafforzando e consolidando atteggiamenti verso il sesso ed il genere che siano inclusivi.

La necessità di rafforzare il lavoro di rete e qualificare l’azione socio-educativa dei volontari che operano a favore dell’inclusione sociale mediante un percorso di formazione specifico rappresenta una risposta strategica volta a favorire quel processo che possa consentire a tutti, nessuno escluso, di costruire il proprio progetto di vita indipendente all’interno di una società che faccia della solidarietà e del rispetto delle differenze la propria bussola.

 

“Lo sviluppo umano significa anzitutto permettere alle persone di vivere il tipo di vita che essi scelgono – fornendo loro strumenti e opportunità per fare questo genere di scelte”[1]. Se pensiamo davvero che ogni forma di discriminazione e stigmatizzazione – in questo caso basate sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla semplice non conformità di genere – risponda a una logica escludente in cui vigono potenti ideologie dominanti tese a fare della differenza un disvalore che finisce per alimentare il distanziamento, risulta forse più comprensibile l’inserimento dei concetti “formazione, inclusione sociale, cittadinanza attiva” all’interno della cornice della cultura delle differenze. Quest’ultima può trovare le sue radici tanto nella famiglia – durante il periodo di socializzazione primaria – tanto nella scuola, luogo deputato alla socializzazione secondaria. Famiglia e scuola, dunque, rappresentano istituzioni sociali che hanno un arduo compito: formare i futuri “cittadini del mondo” ad adattarsi a un contesto già di per sé ricco di differenze e non certo ad accogliere le differenze, posizione quest’ultima che potrebbe nascondere un rischioso e silente pregiudizio secondo il quale è l’Altro differente a dover essere “inserito” in un mondo normalizzato e, quindi, dominante. Pensiamo che solo questo andare verso e non portare dentro consenta realmente il dipanarsi di una cultura delle differenze che sia includente tout court.

Purtroppo il sistema scuola si trova spesso impossibilitato a svolgere questo compito a causa di una serie di ideologie interiorizzate ed implicite che molto hanno a che fare con la differenza di genere; l’eterosessismo, ovvero la differenza di potere tra le persone eterosessuali ed omosessuali, le prime di certo considerate più “normali”, più “naturali”, in grado di procreare e perpetuare la specie. Eterosessismo che si incastra inestricabilmente con l’omofobia, ovvero l’odio, l’avversione, il disgusto verso tutto ciò che non rientra nell’eterosessualità. Ed il bullismo a base omofobica può rappresentare una delle primissime discriminazioni, stigmatizzazioni, violenze reali e simboliche agite.

Ecco perché siamo fermamente convinti che gli interventi più efficaci che aiutino a sviluppare una cultura delle differenze possano essere quelli della prevenzione: interventi, svolti dall’Associazione, che debbono coinvolgere il sistema della socializzazione secondaria – ovvero studenti, docenti e tutti quanti contribuiscono con le proprie rappresentazioni sociali a creare il contesto – sono premesse di una cittadinanza attiva che riesca ad attivare realmente l’uguaglianza.

Consapevoli che l’istituzione scolastica si trova a volte impreparata, con il presente progetto volto a formare i volontari preparati e competenti che potranno operare all’interno dei contesti scolastici attivando specifici interventi volti alla prevenzione dell’omofobia, Arcigay vuole intervenire quale attore attivo in grado di rafforzare e consolidare atteggiamenti verso il sesso ed il genere che siano inclusivi, alimentando una diffusione di nuove politiche egualitarie e di inclusione sociale e culturale che sarebbero messe a dura prova se non vi fosse una reale conoscenza del fenomeno.

Sorge spontanea una domanda: perché proprio dei volontari per andare a scuola a parlare di bullismo omofobico? Non possono andarci psicologi, sociologi, educatori di professione o giornalisti? Non potrebbero parlarne direttamente gli insegnanti, senza bisogno di un intervento esterno?

Premesso che per discutere di omo-bisessualità e farlo in maniera appropriata non è indispensabile essere gay, lesbiche o bisessuali – esattamente come per discutere di razzismo non è necessario essere persone di colore -, la presenza in classe di persone omo-bisessuali e di loro amici e parenti può fare la differenza.

Il motivo è molto semplice: al fine di de-strutturare gli stereotipi e superare i pregiudizi, nulla funziona meglio della conoscenza diretta delle persone che quotidianamente vivono sulla propria pelle le gioie e le difficoltà di questa condizione.

Attraverso quella che gli studi definiscono “ipotesi del contatto” (Allport, 1954) è possibile incrementare le competenze cognitive e relazionali, favorire immedesimazione ed empatia e stimolare la cooperazione per il raggiungimento di obiettivi condivisi: tutte esperienze che, se opportunamente facilitate, hanno un ottimo potenziale nella riduzione del bullismo e dell’omofobia a scuola.

 

Il progetto vuole inserirsi in quel solco tracciato dalle Indicazioni attuative del Piano sociale e sanitario regionale per il biennio 2013/2014 che auspica di “potenziare maggiormente le politiche educative e sociali nella loro funzione strategica di promozione del benessere […] di prevenzione per rompere la catena di riproduzione delle diseguaglianze sociali e favorire processi di inclusione”.

In coerenza con le indicazioni del Piano sociale regionale, Arcigay vuole rinforzare una rete di volontari per favorire l’inclusione e la diffusione della cultura delle differenze, attivando azioni di sensibilizzazione e contrasto alle discriminazioni con un particolare focus sulla fascia di età che caratterizza i fenomeni di bullismo ed emarginazione sociale.

 

Per Arcigay diviene fondamentale l’azione di persone preparate e competenti, in grado di curare  interventi con un approccio integrato nei confronti del contrasto alla discriminazione e alla violenza, a partire dal riconoscimento che il comportamento discriminatorio, che non sempre è riferibile a un’unica dimensione, poiché una persona può appartenere contemporaneamente a più gruppi sociali sfavoriti e subire più comportamenti discriminanti. Diviene cruciale una preparazione specifica per queste persone che devono essere in grado di sviluppare un approccio educativo integrato. In altre parole, può essere considerato una sorta di laboratorio all’interno del quale soggetti con esperienze diverse elaborano un approccio comune al fenomeno della discriminazione e della violenza.

E’ dunque necessario assicurare un apporto di specifiche competenze, conoscenze, esperienze da parte di quanti sono attivamente impegnati per una diffusione di nuove politiche egualitarie e di inclusione sociale e culturale.

[1]     United Nations Development Programme – La libertà culturale in un mondo di diversità